“La cosa più preziosa che puoi fare è un errore: non imparerai nulla dall’essere perfetto.”
Elon Musk
La pedagogia dell’errore
L’apprendimento avviene mediante la scoperta dell’errore è grazie ad esso che arriviamo alla conoscenza.
“Che l’uomo debba riconoscere la sua ignoranza per raggiungere la saggezza, che la conoscenza sia un concetto indefinito che trova evoluzione nell’errore e che colui che educa possa facilitare il rapporto dei suoi allievi con gli errori che commettono piuttosto che intervenire in modo punitivo ai fini di una correzione definitiva”
Gia nel 399 Socrate aveva una visione dell’errore educativa e non punitiva.
Ma come tutti i grandi visionari non ebbe vita facile e per questo fu riconosciuto colpevole dalla corte ateniese di corruzione a danno dei suoi giovani allievi per il suo pensiero.
Solo dopo la metà del 900 si comincia a delineare una forma di pensiero che getta le basi sulla Pedagogia dell’Errore.
Grazie a Popper ma soprattutto alla rilettura dello stesso che ne offre Perkinson a partire del 1971 attraverso il suo testo The Possibilities of error.
La possibilità di inserire l’errore nella didattica a scuola come materia viva nel processo di insegnamento e di apprendimento.
Per la prima volta si sente parlare del criterio di Fallibilità come distintivo del processo cognitivo in contrapposizione ad un atteggiamento giustificazionista.
Popper propone un approccio critico dove l’errore diventa protagonista nel percorso di costruzione della conoscenza
Feuerstein dedica alcune pagine del Programma di arricchimento strutturale ( PAS ) agli errori, proprio per sottolineare la loro funzione come fonte di pensiero critico consapevole.
Queste pagine contengono errori intenzionali esplicitati verbalmente con una descrizione della loro causa. La natura oggettiva degli esercizi rende lo studio poco minaccioso per lo studente.
Dopo aver acquisito una pratica sufficiente nell’identificazione delle cause di errore su queste pagine.
Lo studente mostra la prontezza e la capacità necessaria per applicare lo stesso approccio critico al proprio lavoro.
Per mezzo dell’identificazione degli errori e della loro causa, l’allievo apprende strategie fondamentali di analisi critica.
Dopo aver svolto le pagine del PAS, il soggetto è partecipe della considerazione che l’errore non è da considerare negativo…
conoscerlo ci aiuta a stare più attenti in quelle attività che ci mettono in difficoltà.
Saper di poter sbagliare aiuta il soggetto a non temere il giudizio perché consapevole del fatto che attraverso di esso la conoscenza aumenta.
L’incontro, come pratica e scoperta, il superamento dell’errore, il controllo dell’errore, individuale o collettivo che sia
può essere produttivo di nascita e sviluppo di sentimenti che attengono alla sfera morale e sociale dell’essere umano.
Il bambino che ha dimestichezza con l’errore, sia nel commetterlo che nel correggerlo, e osserva il suo simile che viene a trovarsi nelle sue stesse condizioni
si sente a lui vicino e legato per qualcosa che fa parte della loro natura e della loro formazione.
Anche la scuola ha iniziato ad interrogarsi sulla concezione dell’errore.
Si è cominciato a ragionare sul problema dell’errore come aspetto connotato di valenza non solo negativa ma anche positiva.
L’apprendimento si connota di una sua specificità di “processo mentale”.
L’insegnamento si configura come attività di mediazione tra il soggetto che costruisce questi processi e l’oggetto culturale che diviene la fonte ineliminabile di alimentazione degli stessi.
In questa logica, l’attenzione è tutta spostata sui processi di apprendimento che l’alunno attiva, sui suoi sforzi, le sue difficoltà, i suoi errori.
La sottolineatura dell’errore è di tipo positivo, l’insegnante supporta cioè l’alunno nella riflessione su ciò che sta avvenendo nella sua mente mentre sta imparando.
Il compito dell’insegnante è anche quello di far comprendere ai propri allievi che l’errore non è un “peccato” o qualcosa di drammatico e scandaloso.
Ma il motore del progresso scientifico e del processo educativo nel quale sono coinvolti.
La pedagogia dell’errore positiva si realizza in due aspetti:
portare l’ alunno alla riflessione sul suo apprendere e aiutarlo a controllare in modo positivo i suoi sforzi, i suoi insuccessi, le sue insicurezze.
Anche l’insegnante, in questo processo, si mette in discussione circa i propri possibili errori e su come riuscire a prevenire gli errori degli alunni, nei processi di insegnamento-apprendimento che attiva.
Egli si interroga soprattutto in rapporto al tipo di strategie da attivare per favorire il successo nell’apprendimento,
attraverso processi di controllo differenziati a seconda della difficoltà del compito di apprendimento.
Tra le strategie più utili a tal fine vi è certamente la necessità di tener conto
che è necessario saper proporre in modo chiaro ed inequivocabile obiettivi, comportamenti, risultati attesi rispetto al processo di apprendimento attivato.
Questo significa che l’attenzione sull’alunno non sarà tanto focalizzata sul fatto che egli sta acquisendo competenze comportamentali.
Quanto sulle sue modalità di pervenire alla conoscenza, sui procedimenti mentali ed emozionali
che lo portano a modificare la sua struttura di conoscenza in modo flessibile e articolato,
ed a “sapere di sapere”, modificando in tal modo i propri processi mentali.
Tale pedagogia e prassi educativa, che traggono fondamento dalla negazione di ogni rigida metodica e sono improntate al dinamismo creativo
alla cooperazione fattiva, alla ricerca perenne, sono basate sull’esperienza per tentativi.
“Esperienza, cioè, rivolta alla ricerca di soluzioni soddisfacenti dei problemi che la vita realtà pone continuamente”
(cfr. Freinet, 1963).
Questa ricerca comporta, per sua natura, di incorrere continuamente in errori.
Che uno alla volta vengono eliminati, spianando così la strada verso la conoscenza attraversando motivazione, immaginazione e creatività, disciplinate poi da un lucido rigore logico.
Tutto questo grazie alla Pedagogia dell’Errore.
A Presto
Andrea MindMapp.
Se continuiamo ad avere paura di sbagliare ci chiudiamo in gabbia.
Illustrazione Fabio Consoli
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